IL BRIGANTE                                            

GIULIO RISI   E LA MUSICA CHE GUARDA AL PASSATO DIMENTICANDOLO

 

                                                                                                                                                    

 

 "Gran parte della musica di oggi è, a mio modesto parere, mera copia di copie ricopiate”

 

 

 

Giulio Risi è nato a Salerno e sin dall’ inizio degli anni novanta svolge attività professionale come Pianista-Tastierista, Arrangiatore e Compositore.

E’ considerato un musicista estremamente versatile e lavora in tutto il mondo come musical director, pianista/tastierista, compositore di colonne sonore e leader della sua band.

Nel 1998 ha pubblicato il suo primo Cd “Partido Alto” , finalista al concorso "Perrier miglior giovane musicista dell'anno" tenuto al leggendario club "606" di Londra.

In occasione del suo nuovo lavoro "Deep down where the heart beats no more" (presentato al Teatro Nazionale Reale di Londra il 15 Dicembre 2005) che vede la collaborazione di noti nomi del panorama musicale internazionale come Gilad Atzmon ai Sax (Peter Gabriel/Robbie Williams), Henry Thomas al Basso Fretless (Sarah Jane Morris/Paul Weller/Hot Chocolate/Alan Holdsworth), il rapper B. Atwell (Oasis), Asaf Sirkis alla Batteria (Chick Corea, Tim Garland), Rocco Zifarelli alla Chitarra Acustica (Ennio Morricone, Giorgia, Ivano Fossati), Koby Israelite alla batteria  (John Zorn),  Antonio Onorato alla Chitarra Elettrica (Toninho Horta, Pino Daniele) e tanti altri,  l’ho intervistato per saperne di più.

 

 

Un po' di biografia. vuoi dirci due parole su di te?

Non c’è molto da dire; sono una persona che cerca di condurre la sua vita con umiltà e dedizione ad una “professione” che amo definire onirica.


Chi sei?

Trovi la risposta nel nido dell’araba fenice.


Da quanto vivi a Londra?

Da dieci anni. E’ una città alla quale devo tutto; un posto che mi ha insegnato a vivere e ha decuplicato la mia abilità musicale grazie alle “catene” che inanellano musicisti locali.

Per dirtene una, i ragazzi che al momento sono parte della mia band alternano i nostri concerti a tour con Steve Winwood  e, in passato, Paul Mc Cartney,  Bjork, Lisa Stansfield e Pet Shop Boys (parlo del batterista Davide Giovannini), e con Sarah Jane  Morris (il bassista Henry Thomas). Anche i "trascorsi" di Henry sono importanti e contano le presenze di Alan Holdsworth, Paul Weller, Hot Chocolate e moltissimi altri.  

Questo li pone - e li ha posti - a contatto con altri musicisti di alto calibro con i quali instaurano un rapporto di mutuo scambio musicale. Io, a mia volta, oltre ai concerti con la Giulio Risi Band  durante i quali suoniamo  mie composizioni (inerenti all’area Jazz/ Latin), sono tastierista del gruppo Progressive Rock “Jadis” insieme a musicisti che - ecco il prossimo "anello della catena" - fanno parte della band di  John Wetton (già membro dei King Crimson oltre ad essere fondatore e cantante degli “Asia”).

E cosi via....

Al momento il mio personalissimo “parco giochi” è dunque fatto di concerti Jazz/Latin e glorioso Rock vecchio stampo.

Ecco, il bello di Londra è proprio questo: se sei un musicista capace, hai la possibilità di essere coinvolto in tanti diversi tipi di musica allo stesso tempo. Puoi suonare stilemi di tante etnie con gli indigeni, con coloro i quali hanno esportato la musica al di là dei confini delle loro nazioni. In questa città divieni parte di una cultura che accresce se stessa, una conoscenza in continua espansione di cui puoi usufruire solo se sei sul posto e vivi a stretto contatto con questo circolo cultural-musicale. 

Questo ritengo sia il metodo principe di accrescimento umano ancor prima che artistico. 

Il mio ultimo Cd “Deep down where the heart beats no more” è appunto un omaggio a questa cultura delle culture, un pentolone all’interno del quale ho fuso il mio viaggio virtuale intorno al mondo e dal quale provengono – cito testualmente l’introduzione al disco scritta per il mio sito web -  rigurgiti di colonizzazioni. Undici brani ognuno a se stante in quanto appartenente ad una diversa nazione ma parte di un solo quadro dipinto,  più che con colori, con ritmi di civiltà.


La musica per te?

Un misto di De Sade e Von Masoch.

 

La musica è la colonna portante della vita di ognuno, dalla popolare alla classica, passando per pop e rock, nel 2006 qual'è il quadro globale dlla contaminazione?

Con Ionesco sono convinto che la filologia porti al peggio. Tuttavia, se mi trovassi a farne, ti risponderei che non so se oggi si possa parlare di contaminazione. Gran parte della musica di oggi è, a mio modesto parere,  mera copia di copie ricopiate.

Quando agli albori del 1900  la gente ascoltava Ravel, Debussy o Bartok non si aspettava di certo che questo poi sfociasse in Bill Evans, Chick Corea o Keith Jarrett. Parimenti,  i contemporanei di Bach non si aspettavano che la musica barocca si convertisse ai fraseggi di Parker o, ancora, a quelli dell’onnivoro Corea.

Credo che la vera innovazione sia guardarsi alle spalle anziché avanti; poi dimenticare subito ciò che si è visto. Bisogna comporre e creare in condizione di tabula rasa. Qualche giorno a cavallo tra il 1904 e il 1907 “ l’architetto di Dio” Antoni Gaudì  in un momento di pausa della costruzione di Casa Baitllò a Barcellona appuntava “chi copia non contribuisce”. Con questo egli non rinnegava ciò da cui il suo incomparabile genio architettonico aveva tratto nutrimento. Gaudì aveva semplicemente incamerato delle cose producendone altre.

Ciò che oggi può esser visto come una novità o frutto di contaminazioni era già  prospettato da Wagner nel 1849 in “Opera d'arte dell'avvenire” in cui, parlando del teatro lirico, egli auspicava un’opera d’arte totale in cui convergessero poesia, musica e arte figurativa premonendo, in caso contrario, lo sfascio di ogni espressione artistica che, frantumata in singole manifestazioni, sarebbe divenuta incapace di realizzare la vera “Opera”.

Il futuro è nel passato; ma in un passato da dimenticare....

 

 

Anna de Rosa per "Il Brigante"